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ReA! Flashback Friday with Cecilia Del Gatto


Sono ancora molto affascinata dall'idea di reinterpretare storie particolari

e spingerle fino ad un orizzonte inesplorato.



Cecilia Del Gatto. photo portrait

Quali opportunità ed esperienze hai

incontrato dopo l’esposizione di ReA!fair insieme?


Esporre alla edizione del 2020 di ReA! Art Fair è stata un’occasione per dare visibilità alle mie opere.

Un’altra esperienza che ricordo con piacere è stata la partecipazione con il mio video “Can’t help falling in love” alla mostra Mass 2021 presso il CICA Museum a Gimpo, in South Korea.




Mettersi in relazione con una realtà così diversa è stato davvero interessante: partecipavo con un’opera che analizza il potere della pubblicità e di come riesca a persuadere il consumatore, il tutto sulle note di Elvis Presley che si sovrappongono al suono ossessivo del masticare e delle voci delle pubblicità più note e ambigue italiane, per cui ricevere feedback positivi nonostante parte dell’opera non fosse facilmente comprensibile per il pubblico è stato molto gratificante.

Altra bella esperienza è stata la Prima Menzione speciale della sezione Fotografia con “Umi hotaru” alla decima edizione del Premio Fabbri. È stato un onore essere selezionata e la menzione mi ha resa ancora più orgogliosa del lavoro fatto per quest’opera. Nel 2022 la mia opera “Emilio” ha vinto la “Coppa Luigi” del Premio Nocivelli. Il premio prevede anche una residenza a Casa degli Artisti a Milano nel 2023 e non vedo l’ora di mettermi in gioco con questa nuova esperienza.




L'opera Emilio esposta in occasione del Premio Nocivelli, 2022.



Potresti raccontarci di un'occasione artistica particolarmente significativa che hai vissuto durante questo periodo?


Sono legata in special modo alla presentazione al Macro Museum di Roma del mio ultimo lavoro “Umi hotaru”, avvenuta nel 2021 in occasione del lancio del 4° numero della Rivista The Light Observer. Avevo da poco completato il lavoro dopo una ricerca durata due anni; quindi, è stato particolarmente soddisfacente poter presentare e raccontare agli ospiti dell’Auditorium del Macro le vari fasi della realizzazione e l’anima del progetto.



Puoi dirci in cosa consiste nello specifico “Umi hotaru” e da cosa hai tratto ispirazione?


“Umi hotaru” è un’opera attualmente composta da quattro stampe chimiche di piccolo formato e una installazione video. Nasce dall’idea di voler sperimentare ed utilizzare la luce bioluminescente, più precisamente la luce prodotta da piccoli crostacei di cui sono popolate le coste del Giappone. A differenza di altri animali bioluminescenti, riescono a brillare soltanto per un’ultima volta anche dopo essere stati essiccati, particolarità che ho scoperto essere stata sfruttata e tenuta segreta dall’esercito giapponese durante la Seconda Guerra Mondiale. Numerosi esemplari erano stati raccolti, essiccati e portati al fronte. I soldati venivano dotati nel loro equipaggiamento di fialette contenenti polvere di umi-hotaru essiccata; ogni volta che avevano necessità di leggere mappe nell’oscurità o nella giungla, realizzavano sul palmo della mano una mistura di polvere e saliva che in pochi secondi riattivava la bioluminescenza e rendeva la mano luminosa di un turchese acceso. La fredda luce blu era abbastanza brillante da consentire ai soldati di leggere mappe, ma troppo fioca per rivelare la posizione ai nemici vicini. Questa storia così romantica e “umana” in un contesto così violento e feroce è stata la mia vera fonte di ispirazione.


Umi hotaru prende forma dall’intento di riportare in camera oscura

la stessa dinamica di lettura, superando l'esclusiva valenza bellica

per imprimerle un carattere più intimistico.


Ho acquistato una lettera autentica giapponese scritta a mano, inviata nel 1944 dai familiari ad un soldato in guerra, e l’ho utilizzata come soggetto da imprimere sul foglio fotosensibile grazie alla luce dei crostacei luminosi. Gli ideogrammi della

missiva raccontano di vita quotidiana, di eventi pudicamente accennati, di sentimenti universali. Dopo la presentazione al Macro il progetto è piaciuto così tanto che è stato inserito anche nel numero successivo del Magazine. Potete quindi trovare l’intervista della presentazione al Macro nel 5° numero di The Light Observer, numero basato sul tema della notte.



Cecilia Del Gatto, Umi hotaru, 2021.



In questo momento quali temi stai esplorando? E come senti di essere maturata artisticamente?


Attualmente sto concludendo due opere: una incentrata sulle caducità e l’altra sulle molteplici rappresentazioni del vero, ispirata dal ritrovamento di una storia e di un filmato degli anni 50. Con il passare del tempo sto mettendo sempre più a fuoco gli ambiti dei miei interessi e il modo di unirli per realizzare qualcosa di nuovo. Ho conservato l’incipit molto istintivo e creativo, quasi visionario, ma ho sviluppato una

metodicità nella ricerca e nell’approfondimento dei temi utili alla realizzazione dell’opera.



In base alla costruzione e alla natura finale del tuo lavoro, quindi, come ritieni che esso si collochi nella scena artistica contemporanea?


Nei miei lavori utilizzo molto spesso la fotografia: costruisco minuziosamente le immagini o lascio che siano le trame di storie particolari che scopro a dirigere il mio operato, impiegando anche materiale da archivio.

Ho iniziato le mie prime mostre nel 2018, ci sono state da allora molte belle esperienze e soddisfazioni, ma riesce difficile trovare oggettivamente una collocazione alla mia ricerca rispetto al mondo dell’arte. Mi sento affine ad alcuni artisti che stimo piuttosto che altri. Forse, per alcune decisioni sulla realizzazione dei miei lavori, potrei considerarmi legata all’unicità dell’opera, alla storia che c’è dietro, ma per me è importante prima di tutto il procedimento e la tecnica della sua realizzazione.



Cecilia Del Gatto, Emilio, 2020.

Verso quali orizzonti vorresti orientare la tua ricerca artistica nel prossimo futuro?


Sono ancora molto affascinata dall'idea di reinterpretare storie particolari e spingerle fino ad un orizzonte inesplorato. Ciò non esclude ovviamente la possibilità che tra qualche anno non abbia bisogno di sperimentare nuovi ambiti per esprimere la mia sensibilità artistica.








REA! QUESTION

Secondo la tua esperienza, quali sono i giusti ingredienti per una ricerca artistica sempre capace di rinnovarsi e crescere?


Non penso esista una ricetta, per me si tratta di trovare un giusto mix di empatia, curiosità e capacità di cogliere il particolare nel tempo che vivo, con uno sguardo al passato che è il substrato su cui affonda la mia ricerca e una proiezione verso nuove tecnologie e sperimentazioni.



L'opera di Cecilia Del Gatto Can’t help falling in love esposta alla mostra Mass 2021 al CICA Museum, Gimpo, South Korea.





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