
Dal 19 al 28 maggio ReA! Arte apre al pubblico Troubled Waters, la mostra collettiva dei dieci vincitori del ReA! Art Prize 2022.
Curata dal team curatoriale di ReA! (Maria Myasnikova, Rita Meschiari, Erica Massaccesi, Paola Shiamtani, Milena Zanetti e Vittoria Martinotti), la mostra si sviluppa nel nuovo spazio polifunzionale Lampo, nato dalla riqualificazione urbana dello Scalo Farini.
Il titolo della mostra cita Donna Haraway e il suo saggio Staying with the Trouble, dove, una volta superata l’inziale sensazione di disagio, la convivenza con i guai diventa occasione per capirne le cause generative e profonde. Scrivono le curatrici di ReA! : “Restare accanto al problema ci consente di formulare una risposta potente, per non arrivare a conclusioni affrettate e poter cooperare con quello che pensiamo essere una scalogna. Le acque tormentate e agitate non ci devono far paura, perché è solo lì che saremo a contatto con il presente e potremmo connetterci con una miriade di configurazioni aperte fatte di luoghi, epoche, questioni e significati."
Desideriamo, quindi, riportare la storia che percorre quelle stesse “troubled waters” che fanno da sfondo alla mostra e attraverso il racconto, dallo spirito ironico ed eccentrico, avvicinarci ad ognuno degli artisti finalisti e alle loro opere.
Vi presentiamo la mostra Troubled Waters.
Dentro un altro sogno, un’altra epoca, un’altra realtà, siamo testimoni di una Terra in decadenza, vuota e ormai deserta. Poche sono le rovine ancora visibili, forme architettoniche frammentate e scarne, dove a volte è possibile notare degli elementi organici intrappolati tra le cavità dell’acciaio.
Intorno a Michele Bazzoli, il vento alza frammenti di polvere e si fa sempre più insistente. Al suo orecchio sembra quasi confidargli un segreto. Che sia una voce? Ed è in quel momento che la sente: ‘È ancora presto per lasciarmi sola’.
Le strutture realizzate da Michele Bazzoli, gabbie in acciaio che avvolgono oggetti ritrovati, evidenziano il rapporto tra uomo e natura all’interno della visione antropocentrica del mondo occidentale. In questo senso, l’artista sembra sempre di più riuscire a rispondere alla teoria di T. Morton in merito agli "iperoggetti": fenomeni talmente estesi da mettere in dubbio i fondamenti tradizionali della vita sulla terra. Le sue strutture, infatti, possono essere identificate come i fenomeni, mentre gli objet trouvè come unici resti dell’uomo sulla Terra. L’artista si pone quindi come testimone di un’era apocalittica.

Michele Bazzoli, Recompose, 2023.
Acciaio galvanizzato, argilla epossidica, stampa su tessuto sintetico, legno, plastica, pittura acrilica, 40x75x20 cm.
Troubled Waters, 2023, ReA! ARTE, Lampo, Milan. Photo credit: Ruben Gagliardini
C’è uno spirito che aleggia tra le rovine, è il silenzio dopo la tragedia e la consapevolezza che un evento disastroso ha cancellato migliaia di vite e anni di storia. Tra i resti polverosi si intravedono vecchie insegne al neon e uno spazio pubblicitario mostra il sorriso familiare di Cici Bebe biscuits. Simla Iceli alla vista confortante di quel ricordo d'infanzia per un attimo pensa che niente di quel disastro sia davvero accaduto.
Le opere di Simla Iceli si indirizzano verso il confronto con questioni e ingiustizie sociali, come in: What’s real is us despite a country so grieved, so woke, so deathly. Our gloom as loud as shells, listen, ispirata dal recente tragico terremoto nella sua patria, la Turchia. Il nucleo della serie è formato da tre disegni e una scultura, che isolano immagini d’infanzia, affiancandole a volti ordinari, assorti e inermi. L’artista fornisce una via di fuga dalla tragedia circostante, attraendo lo spettatore in una nuova realtà onirica. Nelle immagini delineate sulla carta, Simla, ritrae delicatamente volti amici e comuni, immersi nei propri pensieri funesti e dagli sguardi vacui. Il contrasto risiede nella presenza di un simbolo iconico per la sua generazione di connazionali: il neonato dei Cicibebe Biscuits, merenda della sua infanzia e che ora richiama alla mente la spensieratezza inconsapevole di quei giorni. Un simile rifugio metaforico nella memoria, confortante e priva di disillusioni, si scontra tacitamente con una possibile alternativa: la falsa promessa di escapismo nella spirale delle dipendenze.
Sinistra: Simla Iceli, What’s real is us despite a country so grieved, so woke, so deathly. Our gloom as loud as shells, listen, 2023.
(parte della serie omonima) Argilla polimerica, scultura plastica, 22x25x23 cm.
Destra: Simla Iceli, Senza titolo, 2023. (parte della serie What’s real is us despite a country so grieved, so woke, so deathly. Our gloom as loud as shells, listen) carboncino su carta, pannelli foamex 100x70 cm.
Troubled Waters, 2023, ReA! ARTE, Lampo, Milan. Photo credit: Ruben Gagliardini
Dario Filippis, in questo scenario che non ha più nulla di quello che prima si conosceva, sta cercando il proprio cane. È scomparso anche lui assieme a molte altre specie animali che prima si credevano simbiotiche alla nostra. Tutto si ferma nella tristezza della perdita, anche la fame si ferma proprio lì, nell’attesa di sazziarsi. Era il cane prima ad aspettarci, paziente, perennemente presente.
Cosa succede alle cose che finisco? nasce dalla creazione di una propria cosmogonia che narra di un mondo fantastico popolato da animali, tra cui un cane. In questo racconto l’animale scompare improvvisamente portando l’artista a riflettere su cosa accade a tutto ciò che svanisce. La ricerca ha condotto così Filippis alla realizzazione di tre sculture che richiamano il cane scomparso nella storia, restituendo la possibilità di poterlo accarezzare e salutare ancora una volta. Questo espediente pone l’accento sulla forza generatrice degli oggetti che si trasformano in nuovi mondi, luoghi dove poter far abitare ciò che non è più presente.

Dario Filippis, Cosa succede alle cose che finisco?, 2022.
Ceramica, 50x40 cm cad.
Troubled Waters, 2023, ReA! ARTE, Lampo, Milan. Photo credit: Ruben Gagliardini
Ora ci sono altre forme di vita sconosciute: Stefano Ferrari osserva quella che sembra una forma di insetto che striscia sotto il pavimento per poi riemergere altrove, lasciando dietro di sé parte del corpo artropode, delle ali e della pelle. Il corpo dell’insetto si spezza e si divide nello spazio facendo emergere nuove creature impreviste.
Gli assemblaggi scultorei di Stefano Ferrari mirano a studiare il rapporto transpecie e i legami tra organismi interagenti nel contesto in cui vivono. La forma scheletrica di Evolutionary Inspiration Monument indaga lo smantellamento di strutture egemoniche create dall'uomo attraverso la costruzione di ambienti evolutivi, in cui l’impatto della natura sui materiali utilizzati è parte integrante dell’esperienza artistica. L’opera proposta è un'ampia scultura in più parti che sembra crescere organicamente dal pavimento, ergendosi e arrampicandosi in tutte le direzioni. La scultura simboleggia una nuova comprensione del mondo naturale, tenendo conto degli interventi dell'umanità nella natura e della tecnologizzazione dei processi naturali e allo stesso tempo riconoscendo i principi e i sistemi ispiratori e benefici della natura. Nell’opera tecnologia e natura si incontrano. Il suo design generativo si basa sulla struttura fisica degli insetti in una logica emulativa dell’ambiente naturale per la creazione di strutture relazionali organiche. L’utilizzo di materiali organici come zucchero e miele vuole essere un monito sulla relatività del presente e sulla necessaria riflessione di come l’ecosistema che ci circonda possa impattare le nostre vite.

Stefano Ferrari, Evolutionary Inspiration Monument, 2022.
Legno, eco - finta pelle, acciaio, zucchero, miele, dimensioni variabili.
Troubled Waters, 2023, ReA! ARTE, Lampo, Milan. Photo credit: Ruben Gagliardini
L'ambiente è scarsamente illuminato da alcune lanterne cadute, che testimoniano la presenza di qualcuno proveniente da un luogo oscuro o forse da qualche tempo lontano. A Tarzan Kingofthejungle resta la perplessità e la sensazione disorientante di trovarsi in un tempo sconosciuto, che si è dilatato a tal punto da non percepirne più i confini.
Con MacGuffin l’artista congela l’istante in cui una luce cade: cosa succede alla sospensione dell’incredulità del pubblico quando un personaggio abbandona la sua unica fonte di chiarezza nella cava buia di una miniera, tra le gemme preziose? Il poeta S.T. Coleridge riteneva la “sospensione dell’incredulità” - atto di volontà del lettore di credere alle sue parole - la premessa necessaria per il verificarsi di un racconto. Tarzan Kingofthejungle si chiede allora come sia possibile compiere quest’atto di fede: cosa dobbiamo dimenticare? Consacrando il gesto dell’abbandono, l’artista focalizza l’attenzione su un oggetto in apparenza banale ma carico di significato dal punto di vista narrativo. Se per Hitchcock il “MacGuffin” è quell’oggetto che, pur irrilevante per lo spettatore, permette all’azione di progredire, per l’artista il motore nascosto del desiderio sembra essere la perdita, nella società solitamente percepita come qualcosa di tragico ma che qui, sotto la spinta creatrice dell’arte, lascia spazio ad un’esplorazione dell’ignoto libera e talvolta perfino ludica.

Tarzan Kingofthejungle, MacGuffin, 2023.
Lanterna LED a batteria, tecnica mista, dimensioni variabili.
Troubled Waters, 2023, ReA! ARTE, Lampo, Milan. Photo credit: Ruben Gagliardini
to be continued...
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